Non è solo una zona del corpo.
È un confine. Un luogo sacro.
Un punto fragile, potente, spesso ignorato.
Qualcuno ci scherza su, qualcuno ne parla a bassa voce.
Qualcun altro fa finta che non esista affatto.
Ma il corpo parla lo stesso, anche se nessuno ascolta.
Quando trattieni lì, trattieni ovunque. Il buchetto - così lo chiamo io e,
tanti altri quando finalmente riescono a parlarne - è come una porta.
Per molti una porta sbarrata.
Non si tratta solo di fisicità. Si tratta di controllo. Di identità. Di fiducia.
Per alcuni uomini, lasciarsi esplorare in quella zona è come spogliarsi
da un’armatura costruita in anni di silenzi e paure.
"Se mi apro lì… cosa divento?"
"Se provo piacere lì… cosa vuol dire di me?"
Eppure, sotto quelle domande, c’è un corpo che chiede ascolto.
Un corpo che si contrae, che stringe, che si protegge.
Non perché è sbagliato.
Ma perché ha bisogno di tempo.
E soprattutto, di presenza.
Non serve forzare. Serve accogliere. Nelle diverse esperienze che ho vissuto con uomini
quella zona si è rivelata non un punto da superare, ma un luogo da incontrare.
Un dito appena lubrificato che accarezza, senza invadere.
Una pallina vibrante che danza lieve, appoggiata, non imposta.
Un tocco che dice: "sei al sicuro".
Perché quando l’uomo si rilassa lì… non è solo il corpo a cedere.
È la mente.
È la vergogna.
È il bisogno di non dover dimostrare nulla.
Non è più picco, prestazione, sforzo. È espansione, scioglimento, verità.
Il piacere che nasce dalla resa. In quel punto così piccolo, così intimo,
si custodisce una forza che spesso non conosciamo.
Una forza che non urla, non spinge, non mostra.
Una forza che cede. Che si arrende al piacere. Che si lascia attraversare.
E proprio lì… molti uomini si irrigidiscono.
E allora accade qualcosa di raro: il piacere si trasforma.
Non c’è nulla di più virile di un uomo che sa affidarsi.
☆☆☆
Se anche tu senti che lì qualcosa si chiude, si tende, si nasconde…